Lo sviluppo emotivo inizia fin dalla nascita ed è influenzato dalla qualità della relazione tra il bambino e chi si prende cura di lui.
Per la mia ricerca di craniosacrale ho incontrato una famiglia, di cui faceva parte un bambino con problemi di apprendimento e attenzione a scuola. Abbiamo concordato di fare un percorso di trattamenti di craniosacrale anche con i genitori. Dai primi contatti, è emerso che la componente di sviluppo emotivo influiva sulle relazioni, riducendo il senso di spazio individuale, ciascuno “reclamava”, a modo suo, uno spazio dove poter esistere, esprimersi. La percezione delle risorse era condizionata da questo bisogno. Ecco che si è potuto avere le condizioni per elaborare, dando lo spazio necessario, gli stati emotivi che condizionavano l’intero sistema e per questo motivo ho approfondito il mondo delle emozioni.
Cos’è un’emozione
La parola “emozione” deriva dal latino e-movere, che significa smuovere, portare da dentro a fuori. Le emozioni sono delle reazioni psicofisiche che si attivano all’interno del corpo e nella mente di un individuo mentre recepisce, elabora e risponde a una situazione o un evento. Si attiva la manifestazione di una catena complessa di eventi, in cui l’interazione tra sensazione, modificazione fisiologica e cognizione può modificare la percezione della realtà esterna e interna di un individuo. Le modificazioni a livello vegetativo (fisiologico e viscerale), psichico e somatico possono intervenire sullo stato di consapevolezza con la possibile temporanea manifestazione d’incapacità di astrazione dal contesto emozionale. Nel corso del tempo sono state classificate le emozioni primarie anche se ci sono diverse opinioni in merito, in linea generale sono: interesse-eccitazione, gioia-godimento, allarme-sorpresa, paura-terrore, vergogna-timidezza, colpa-rimorso da cui derivano per esempio altre emozioni secondarie come sollievo.
Le emozioni stimolano la persona all’azione, stabilendo le priorità di fronte a un obiettivo. La maggior parte delle nostre emozioni implica delle risposte fisiche. Sono quindi le risposte fisiche a rendere le emozioni diverse dagli altri stati mentali, non emotivi. L’emozione, nella sua componente di espressione facciale, ha un carattere transculturale; in effetti ogni emozione fa contrarre o rilassare i muscoli facciali più o meno nello stesso modo in tutte le persone. Cultura ed educazione influiscono sulle regole di manifestazione delle emozioni riducendo o modificandone il loro emergere in base alla situazione e alle persone presenti.
L’origine delle emozioni
Le reazioni fisiche che rivelano le emozioni possono riguardare: ritmo cardiaco, respirazione, temperatura del volto e delle mani, cute, tensione muscolare. Le risposte integrate (fuga, blocco) provengono da reazioni al pericolo stimolate nel cervello rettiliano dall’istinto di sopravvivenza che mette in atto una serie di risposte fisiologiche per facilitare la possibilità di “mettersi in salvo” come l’accelerazione del battito cardiaco e del respiro, la sudorazione, il pallore. Il sangue viene convogliato ai muscoli per la fuga o la lotta insieme alla produzione di adrenalina e cortisolo, funzioni di minore importanza durante l’emergenza come la digestione rallentano o si arrestano. Attraverso l’intervento della neocorteccia il meccanismo si completa concretizzando l’azione più sensata per la sopravvivenza e l’organismo può ritrovare l’equilibrio.
Quando si vive un’esperienza troppo forte o troppo veloce a tal punto da invadere violentemente la sensazione di protezione e sicurezza personali queste reazioni si ripresentano, in forme più o meno evidenti, perché si ricollegano a memorie custodite nei gangli della base che rinviano a esperienze o situazioni simili. Possono essere collegate a un senso di sopraffazione, impotenza se non si è potuto mettere in atto la fuga o la lotta, e in qualche modo non avere utilizzato le energie attivate. Una terza possibilità è l’immobilità che si può innescare richiamando l’antica reazione di “fare il morto” per far perdere interesse, per non sentire dolore. La coscienza abbandona il corpo (dissociazione) e il sistema nervoso è stato allertato ma non scarica l’energia prodotta completando l’azione.
Il trauma
Il trauma si verifica quando il ciclo di attivazione non è stato completato lasciando uno stato generalizzato di allerta, che si può risvegliare anche in situazioni stressanti di minore entità. Esiste una stretta correlazione tra stato fisiologico, emotivo, mentale e corpo fisico.
“Se i tessuti si contraggono per una reazione protettiva a uno stress o a un trauma, i pensieri e le sensazioni che abbiamo in quel momento possono diventare un importante elemento interno a questa contrazione. In particolare, emozioni forti e opprimenti come la paura o la disperazione tendono a contribuire allo sviluppo dell’inerzia e possono quindi avere un ruolo significativo nel suo mantenimento. In questi casi un fulcro può comprendere i tessuti, i fluidi e le potenze insieme alle emozioni bloccate, alle sfumature delle sensazioni, alle considerazioni di sé e alle convinzioni”.
Michael Kern
Lo sviluppo emotivo
Reinsezein (1983), che ha condotto diversi studi in ambito psicofisiologico, definisce l’emozione una “sindrome reattiva multidimensionale”, la quale comporta una risposta fisiologica, tonico-posturale, motoria, espressiva, accompagnata poi da un’elaborazione cognitiva. Il maggiore studioso dello sviluppo emotivo (Sriufe-1985) afferma che per la comprensione dello sviluppo emozionale non si può prescindere dalla considerazione di come si sviluppa la capacità dell’anticipazione degli eventi, di come il bambino acquista la consapevolezza di sé e degli altri e quindi, come arriva all’intenzionalità.
Si può parlare di vere e proprie e emozioni solo dal sesto mese, quando il bambino possiede queste capacità. La “teoria della differenziazione” (Bridges-1932) prevede che nel neonato esista uno stato emotivo indifferenziato che si evolve in stati e tempi sempre più differenziati.
Ogni emozione (gioia, paura, rabbia) emerge attraverso stadi paralleli a quelli riguardanti lo sviluppo dell’intelligenza sensomotoria e origina da un precursore (piacere, circospezione, frustrazione) della futura emozione. Molto presto però compare nell’essere umano la capacità di usare le emozioni non solo per esprimere uno stato d’animo. All’uso espressivo delle emozioni e delle loro componenti motorie e mimiche si accompagna presto anche l’uso strumentale.
Le emozioni e l’ambiente
L’emozione dunque non implica solamente l’integrazione di fattori emotivi e cognitivi, ma un ruolo altrettanto importante è assolto anche dal contesto delle interazioni e relazioni sociali e affettive nelle quali è coinvolto il soggetto. Sicuramente dobbiamo tenere conto di questi aspetti, se vogliamo parlare delle emozioni legate ad un contesto così sfaccettato dal punto di vista emotivo come quello familiare. Lo sviluppo emotivo e affettivo non può secondo le più recenti teorie essere disgiunto da quello sociale e cognitivo.
Le emozioni possono cominciare a manifestarsi fin dalla nascita e dalla qualità della relazione tra il bambino e chi si prende cura di lui a far sì che la loro espressione si articoli in pensiero armonico. A sostenere certe emozioni, piuttosto che altre sono, per esempio le aspettative, le previsioni più o meno consapevoli del piccolo sulle probabili risposte dell’adulto allevante ai suoi segnali. Non solo, l’espressione delle emozioni nel bambino è anche influenzata dalle reazioni agli stessi eventi da parte della figura più significativa per il bambino.